Piccola pesca

Secondo uno studio promosso dal Parlamento Europeo oltre l’80 per cento dei pescherecci della flotta europea (poco più di 70.000) esercita la "piccola pesca costiera", spesso ritenuta sovrapponibile alla "pesca artigianale". Questa tipologia di pesca si contraddistingue per la bassa media in termini di stazza lorda, lunghezza e potenza motore. Il Regolamento (CE) n° 1198/2006 del Consiglio dell’Unione Europea fa esplicito riferimento alla "piccola pesca costiera" all’articolo 26 descrivendola come "la pesca praticata da navi di lunghezza fuori tutto inferiore a 12 metri che non utilizzano gli attrezzi trainati".
Sostenere la "piccola pesca", significa sostenere quei pescatori europei che "pescano in modo sostenibile" e hanno tre principali caratteristiche in comune:
  • Usano attrezzi a basso impatto ambientale, che riducono al minimo gli scarti.
  • Sono i proprietari delle imbarcazioni su cui lavorano.
  • Pescano quanto necessario per sostenere le loro famiglie.
Generalmente, questa tipologia di pesca rispetta i limiti naturali del mare, seguendo criteri di gestione sostenibile, vuoi per la normativa cui è assoggettata, vuoi per le tradizioni e consuetudini del mestiere e regole che loro stessi hanno stabilito, nonché per le relative limitazioni dei mezzi. Le dimensioni delle imbarcazioni infatti limitano questa pesca ad una distanza modesta dal porto di residenza (normalmente si esce a pescare e si torna in giornata) rendendo l’adozione di comportamenti e misure per proteggere le risorse ittiche una necessità .
La piccola pesca, ovvero la pesca artigianale, è per definizione quella effettuata, come previsto dalla normativa italiana, da dalle imbarcazioni non superiori alle 10 tonnellate di stazza lorda. Le dimensioni del natante permettono di essere operativi con costi di investimento e di esercizio contenuti. L'impossibilita di spingersi oltre le 20 miglia dalla costa, inoltre, fa sì che le capacita di pesca, lavorazione, conservazione e stivaggio del prodotto non siano neanche lontanamente paragonabili e a quelle delle grandi barche.

Gli attrezzi della “piccola pesca”

Gli attrezzi tipici della "piccola pesca" sono le "reti da posta", i "palangari", le "nasse". Il Regolamento (CE) n° 1198/2006 del Consiglio dell’Unione Europea fa esplicito riferimento alla "piccola pesca costiera" all’articolo 26, descrivendola come "la pesca praticata da navi di lunghezza fuori tutto inferiore a 12 metri che non utilizzano gli attrezzi trainati".
Il Decreto Ministeriale 14 settembre 1999 (GU n° 31 del 08/02/2000) all’Art. 1, comma 2 recita: "La piccola pesca artigianale, come sopra definita, può essere esercitata con attrezzi da posta, ferrettara, palangari, lenze e arpioni all'interno delle 12 miglia dalla costa, nonché con gli altri sistemi che vengono utilizzati localmente nella fascia costiera e che saranno individuati, a livello locale, dagli enti successivamente definiti".

Reti da posta

È la tipologia più diffusa nel comparto. Si tratta di reti passive, di sbarramento, che vengono calate dai pescatori professionali sulle rotte dei pesci. La più tipica tra le reti da posta fissa è il "tremaglio" o "tramaglio", una rete da posta fissa formata da tre pezze di rete delle quali la mediana è la più estesa, ma con maglie di dimensioni molto più piccole delle pezze di rete esterne. Molto diffuso è anche l’uso della rete ad "imbrocco", formata da una sola pezza di rete. Il "palangaro" o "palamito" è formato da numerosi ami, collegati da spezzoni di filo chiamati "braccioli" a un lungo cavo detto "trave" o "madre". I palangari si definiscono "fissi" o "di fondo" se ancorati al fondo marino e posizionati a qualunque altezza, sia sul fondo che a mezz’acqua. Si parla invece di palangari "derivanti" o "di superficie" quando essi sono lasciati all’azione dei venti e delle correnti e posizionati a mezz’acqua o in prossimità della superficie. Ovviamente, la tipologia delle catture dei palangari fissi (specie ittiche demersali, ovvero di fondale) è ben diversa da quella dei palangari derivanti (pesci pelagici di dimensione medio/grande: pesce spada). Le barche più piccole calano circa 1 chilometro di "trave", ma si può arrivare a calarne diversi chilometri, per un totale di migliaia di ami.
Nella suddivisione della flotta peschereccia italiana per sistema di pesca utilizzato, è previsto il sistema "polivalenti passivi", inteso come l’attività di pesca che non utilizza una sola tipologia di attrezzo, ma più attrezzi, alternati nel loro impiego in funzione della stagione e della disponibilità della risorsa. In generale gli attrezzi utilizzati dalla piccola pesca sono tutti piuttosto selettivi, anche se molto dipende dalle pratiche adottate, le dimensioni di reti e ami, l’area di pesca, le specie oggetto di pesca a seconda delle diverse stagioni, e l’attenzione dei pescatori stessi, in particolar modo alle catture accidentali. Per esempio la selettività del palangaro dipende dalla dimensione degli ami, direttamente correlata alla taglia/specie delle catture (e alla stagionalità ).
Tra le reti, teoricamente, la rete ad imbrocco è più selettiva del tremaglio perché la dimensione dei pesci dipende direttamente dalla dimensione di maglia. Nel tremaglio, per quanto importante la dimensione di maglia, il sistema di cattura per "impigliamento" o "insaccamento" potrebbe consentire, pur se in minima percentuale, anche la cattura di animali più piccoli che rimangono impigliati nel telo centrale dell’attrezzo. Gli impatti sull’ambiente per il palangaro potrebbero essere invece quelli legati alla cattura di specie accessorie non commerciali come i Selaci (pesci cartilaginei, squaliformi), mentre per le reti un problema è quello del ghost fishing, cioè la perdita dell’attrezzo che continua a "pescare".

Pesca con nasse

Le nasse sono delle trappole che vengono calate sul fondo spesso con un’esca attirante all’interno e recuperate poi in un secondo momento. Sono attrezzi di antichissima tradizione, costruite con vari materiali come ferro, legno, vimini, plastica, utilizzati sia in acqua dolce (come i cogoli e i bertovelli) usati per la cattura delle anguille, sia in mare per la pesca dei crostacei (gamberi, panocchie, aragoste e astici) e dei molluschi (polpi e seppie), nonché di specie pregiate di alto valore economico (orate, saraghi). In particolare per la cattura delle seppie, è tradizione usare, come esca le foglie di alloro, sulle quali le seppie vanno a deporre le uova.

Le catture

Le principali specie pescate dalla "piccola pesca" sono la Triglia di scoglio (Mullus surmuletus), lo Scorfano nero (Scorpaena porcus) lo Scorfano rosso (Scopaena scrofa), il Sarago maggiore (Diplodus sargus), il Sarago fasciato (Diplodus vulgaris), lo Sparaglione (Diplodus annularis), il Pagello fragolino (Pagellus erythrinus), diverse specie di Labridi, la Seppia comune (Sepia officinalis) e il polpo comune (Octopus vulgaris).
A queste si affiancano altre specie, considerate "pesce povero" che purtroppo sono poco apprezzate sul nostro mercato come la Boga (Boops boops), il Suro (Trachurus spp.), lo Zerro (Spicara smaris), la Menola (Spicara maena). Chiaramente, trattandosi di pesca costiera, a queste si aggiungono molte altre specie che spesso fanno parte della tradizione culinaria locale. Tipico di questa pesca è la sua "multi-specificità", ovvero in una stessa uscita di pesca si catturano diverse specie ittiche, che vengono poi normalmente vendute a ristoratori locali o direttamente nei mercati del pesce (se presenti) o sul porto.
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